Perché in Italia le nuove conoscenze su SARS-Co-V2 sono ignorate?
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 30 maggio 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il criterio dei 14 giorni quando si sa che l’infettività può durare mesi,
la distanza sociale misurata sul raggio dello starnuto quando è noto lo
spostarsi nell’aria del virus, il rilievo della temperatura anche se è provato
che il massimo rilascio del virus avviene prima dell’insorgenza dei sintomi e
negli asintomatici, sono solo alcune delle incongruenze che rileviamo e denunciamo
dall’inizio della pandemia e che sono all’attenzione della comunità scientifica
internazionale, come si può notare leggendo i lavori sulla riduzione della
trasmissione di SARS-CoV-2 pubblicati o sottoposti al vaglio della revisione in
questi giorni. Non solo in Italia i ricercatori sono insoddisfatti o spazientiti
dal perseverare in negligenze e compromessi di coloro che sono incaricati di
fornire supporto scientifico alle decisioni dei responsabili di governo degli
stati nazionali, anche altrove si ritiene che l’avviso dei consulenti sia
inquinato alla fonte da ragioni amministrative e gestionali.
Su una piattaforma internazionale di scambio di materiali scientifici, un
ricercatore si lamentava di una spesa esorbitante per l’acquisto di termoscanner e commentava: “Come se noi avessimo detto: il
virus lo trasmettono solo gli ammalati con febbre alta”. Un altro collega,
molto critico con l’avvio della “fase 2” nel proprio paese, ha dichiarato: “Che
lo dicano apertamente che per salvare l’economia sono disposti ad accettare una
quota di morti prevalentemente concentrata in una fascia d’età che non
contribuisce più alla ricchezza del paese”. Un biologo italiano osservava che
alcuni amministratori locali sono passati, da un giorno all’altro, dal
minacciare sanzioni più severe per chi fosse stato scoperto a passeggiare senza
mascherina ad autorizzare la riapertura di trattorie, ristoranti, pub, pizzerie,
bar e altri locali dove si mangia e beve – ovviamente senza mascherina – rimanendo
tempi lunghi in luoghi circoscritti, dove la diffusione aerea e la nota persistenza
per ore del virus rilasciato nell’aria costituisce un pericolo assoluto. In
altre parole: basta un solo portatore per contagiare tutto il locale.
Un medico-blogger ha scritto: “Delle due l’una: o sono matti i colleghi
infettivologi che avvicinano gli ammalati protetti da capo a piedi e li
ricoverano in unità speciali di isolamento, o sono matti quelli che rimandano a
casa i positivi asintomatici, cioè la massima fonte di rilascio del virus”. E
ancora: “Il criterio dei 14 giorni è stato adottato per incubazione e durata
della malattia, quando a Wuhan già a dicembre sono stati trasmessi dati
inoppugnabili su durate variabili e spesso molto lunghe di incubazione e
decorso subclinico. Ma c’è da chiedersi perché si è perseverato nell’errore
quando anche la casistica italiana e lombarda, in particolare, ha dimostrato
che, invece di avere un crollo dei contagi dopo 14 giorni di lock down, cioè
quando i nuovi casi dovevano venire solo dal personale sanitario non protetto,
si è avuta una crescita esponenziale che è durata fino a tempi recenti”.
Potremmo continuare nelle citazioni, ma le questioni affrontate sono già
state analizzate nei nostri precedenti articoli, ai quali si rimanda[1], mentre qui vogliamo affrontare alcuni
aspetti dell’infettivologia di questo virus, supponendo che le evidenti
contraddizioni nei comportamenti degli amministratori locali e centrali nascano
da ignoranza, così come derivi da ignoranza e non da scarsa intelligenza l’uso
non appropriato delle informazioni. Pertanto, si vuole con questi appunti, a
margine della recensione di un nuovo studio, fornire un supporto conoscitivo,
sperando questa volta di non ricevere solo parole di ringraziamento, ma anche fatti
conseguenti.
In particolare, vediamo perché i test di positività diffusi alla massima
parte possibile della popolazione e la protezione dalla possibilità di entrare
in contatto con il virus sono necessari.
(Prather K. A., et al.,
Reducing transmission of SARS-CoV-2. Science - Epub
ahead of print doi: 10.1126/science.abc6197, 2020).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Chemistry, Aerosol Science Research
Center, National Sun Yat-sen University, Kaohsiung,
Taiwan (Repubblica della Cina);
Department of Medicine, Division of Infectious Diseases, School of Medicine,
University of California at San Diego, La Jolla, CA (USA).
Nell’informazione mediatica rivolta al grande pubblico, anche da parte di
esperti o presunti tali, spesso si confonde o non si distingue a sufficienza la
trasmissione attraverso le goccioline di Flügge, il cui diametro è maggiore di
5 μm e può giungere fino a 10 μm, dalla trasmissione per sospensione
nell’aria o aerosol. Il virus airborne, ossia trasportato dall’aria, è
contenuto in particelle di diametro minore e, in genere, di molto inferiore ai
5 μm, costituendo unità microscopiche soggette ad una fisica diversa da
quella che governa la fenomenica delle goccioline di Flügge proiettate all’esterno
da tosse e starnuti. Sia le goccioline sia le microparticelle possono essere
emesse anche con la semplice parola e gli atti del respiro, ma le prime, se non
proiettate dalla forza del getto, andranno incontro a rapida caduta per gravità,
mentre le seconde resistono in un floating, ossia un galleggiamento nell’aria.
È stato dimostrato che in grandissima parte la diffusione del nuovo
coronavirus è avvenuta per aerosolizzazione del virus attraverso la parola e
gli atti del respiro degli individui asintomatici.
Le particelle di aerosol possono accumularsi, concentrarsi nell’aria e
durare molte ore, più delle tre ore misurate per le particelle non concentrate
e derivate nell’esperimento da un singolo atto di emissione, come nel caso
dello studio da noi recensito in precedenza[2].
Questa è una differenza molto importante. La protezione dalle infezioni respiratorie
è tradizionalmente concepita per difendersi dalla trasmissione mediante
goccioline di Flügge (5-10 μm) rilasciate da tosse e starnuti, dunque
rimane assolutamente inadeguata a proteggerci da SARS-CoV-2. Le particelle
virali aerosolizzate si accumulano e rimangono infettive nell’aria degli
ambienti circoscritti per un tempo ancora maggiore dove c’è l’aria condizionata
e possono facilmente essere inalate e giungere direttamente alle basse vie
respiratorie, raggiungendo in breve i polmoni, se non si possiede una
mascherina tipo N95 o migliore. Questo spiega anche la dolorosa morte di
cassiere dei supermercati e di farmacisti protetti solo con mascherine
chirurgiche.
Prather, Schooley
e Wang sostengono la necessità di test di massa nella
popolazione per identificare gli asintomatici e sottoporli a isolamento
precauzionale fino a negatività del secondo di due esami di verifica tra loro
distanziati.
L’organismo umano fisiologicamente produce goccioline respiratorie il cui
diametro va da 0.1 a 1000 μm. Una competizione fra dimensione delle
gocciole microscopiche, inerzia, gravità ed evaporazione determina per quanto
tempo e fino a quale distanza potranno viaggiare nell’aria. In genere, in
condizioni di saggio, le goccioline più grandi di 5 μm contenenti il virus
si depositano prima che possano evaporare, contaminando le superfici
circostanti; quelle di dimensioni inferiori ai 5 μm vanno nell’aria prima
che possano depositarsi, e il loro destino dipende in gran parte dalle correnti
d’aria che possono trasportarle anche a grandi distanze.
Le piccole dimensioni delle goccioline contenenti SARS-CoV-2 sono anche in
parte responsabili della gravità patologica della COVID-19, perché inspirate
possono giungere direttamente nella profondità delle vie aeree. Altra
componente è la velocità di replicazione maggiore di quella di SARS-CoV-1.
Attraverso le goccioline, il contagio può avvenire sia per contatto diretto
o indiretto tra persone, ovvero con la mediazione di superfici contaminate, sia
per inalazione. Importante sottolineare che Prather
e colleghi smentiscono l’esclusivo contagio per inalazione di cui ancora qualcuno
parla in Italia.
Come noi abbiamo più volte ripetuto in questi mesi, anche gli autori dello
studio ricordano che le indicazioni diramate dall’OMS a inizio epidemia si
basavano su studi compiuti quasi cento anni fa, negli anni Trenta del Novecento,
su goccioline di Flügge di circa 100 μm, proiettate da tosse o starnuti a
una distanza massima di 6 piedi. Da questo deriva la distanza delle ordinanze
del nostro paese. Una precisa distanza di sicurezza, secondo gli autori dello
studio, non può essere stabilita – e a questo proposito analizzano in dettaglio
tutte le variabili da considerare e non sottoposte a verifica sperimentale –
soprattutto in ragione della maggiore importanza reale delle particelle virali
aerosolizzate che permangono e possono essere veicolate a distanza.
Confrontando le proprie osservazioni con quanto emerso dalla revisione
degli studi condotti dall’inizio della pandemia, gli autori dello studio
sostengono che la diffusione pandemica si deve proprio al rilascio del virus
nell’aria con la parola e il respiro da parte degli asintomatici.
Rimane la priorità dell’uso di una mascherina ad alto livello di filtraggio
virale in ambiente esterno o in interni frequentati da pubblico.
Un dato epidemiologico esemplifica bene la differenza fra uso generalizzato
della mascherina a filtraggio virale in tutta la popolazione fin dall’inizio
dell’epidemia come a Taiwan (24 milioni di abitanti, primo caso 21 gennaio):
solo 7 morti con 441 casi totali; e uso non obbligatorio della mascherina all’inizio
dell’epidemia, come nello Stato di New York (circa 20 milioni di abitanti,
primo caso 1 marzo): 24.000 morti e 353.000 casi[3].
Prather e colleghi sottolineano che la
possibilità di accumulo nell’aria rende i mezzi di trasporto, i ristoranti, i
bar e gli altri locali pubblici, dei luoghi nei quali bisogna assolutamente
proteggersi, durante tutto il tempo di permanenza, con una mascherina ad elevato
filtro virale. Secondo questa ragionevole riflessione su dati certi, è
intempestiva la riapertura di locali dove si va a consumare pasti, cibi vari, bibite
e dolci.
Rimandando alla lettura del testo dell’articolo originale per ulteriori
dettagli, facciamo qualche considerazione conclusiva.
All’inizio dell’emergenza, molti di noi hanno ipotizzato che i virologi
impegnati con vari ruoli nel rispondere alle esigenze del momento non avessero
avuto il tempo di aggiornarsi con la lettura dei lavori scientifici;
successivamente, intere bibliografie e resoconti ragionati, inclusi i nostri,
sono stati spediti, offerti, donati e proposti sui siti ufficiali, ottenendo
riscontri anche lusinghieri. Dunque, le nuove conoscenze sono state trasmesse e
recepite, ma si è in gran parte operato ignorandole, perché non si era in grado
di trovare soluzioni ai complessi problemi presentati dalla realtà. Nel dubbio,
il lock down generale rimaneva l’opzione più protettiva perché garantiva
alla maggior parte della popolazione di non incontrare il virus e, quindi, non
misurarsi con l’insufficienza dei mezzi preventivi a disposizione. Si è
riaperto per ragioni economiche, come se la crisi non derivasse dalla misura di
sospendere le attività e si dovesse affrontarla necessariamente con gli
strumenti ordinari della ripresa produttiva: era probabilmente necessario un
accordo internazionale per trovare il modo di realizzare finanziamenti a fondo
perduto; era necessaria una sinergia globale per produrre una soluzione creativa
e condivisa, concepita una tantum e applicata in tutto il mondo per
questa pandemia.
L’autore della
nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto
Colonna
BM&L-30 maggio 2020
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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] In particolare: Note e
Notizie 25-04-20 Aggiornamenti sulla protezione da SARS-CoV-2, Note e
Notizie 09-05-20 cosa abbiamo imparato da questa pandemia, ma anche tutta
la raccolta nella sezione “In Corso”.
[2] Note e Notizie 11-04-20 Trasmissibilità
aerea e persistenza del nuovo coronavirus sulle superfici.
[3] Chi scrive, come altri membri
della comunità scientifica, non ritiene probabile che una tale differenza possa
essere ascritta solo al mancato ricorso a questo mezzo di protezione. Tuttavia,
un’influenza rilevante è praticamente certa. Le mascherine tipo N95 sono state
fornite a tutti i cittadini dallo Stato, che ne ha bloccato l’esportazione. A
Taiwan – memori di precedenti epidemie – è anche stato posto in essere un rigoroso
sistema per tracciare tutti i contatti delle persone affette, prelevarli a casa,
sottoporli a tampone e test, trasmettendo gli esiti a un sistema centralizzato
di raccolta dati.